Intelligenza artificiale: perché tutti ne parlano?

AI, INTELLIGENZA ARTIFICIALE

L’intelligenza artificiale è una disciplina che negli ultimi anni si sta facendo spazio nel vasto mondo dell’IT, riuscendo tra l’altro a trovare numerose applicazioni in ogni suo aspetto. Ma perché è così importante e, soprattutto, perché si sta diffondendo così velocemente?

Per rispondere a queste domande, ricorriamo a due ulteriori quesiti: di cosa si occupa l’intelligenza artificiale e come lo fa. Innanzitutto, cerchiamo di darne una definizione, sebbene non ne esista una universalmente accettata:

l’intelligenza artificiale è una disciplina che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono la progettazione di sistemi capaci di replicare comportamenti che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.

Dunque, se agli occhi di un neofita l’obiettivo di questa disciplina può sembrare già a prima vista utopico, il modo in cui essa si propone di realizzarlo nella maggior parte delle sue applicazioni, sembra esserlo ancora di più. Infatti, una delle metodologie più usate è quella del machine learning, ovvero la capacità di una macchina di apprendere determinate nozioni in modo autonomo senza che questa sia stata esplicitamente programmata per farlo.

Anche se tutto ciò sembra alquanto moderno o addirittura futuristico, l’idea di avere una macchina completamente autonoma che riesca a replicare in tutto e per tutto il comportamento di un essere umano, risale alla metà del ‘900. Infatti, Alan Turing propose già allora un criterio per determinare se una macchina fosse in grado di pensare. Tale criterio, sebbene abbia subito diverse modifiche con il passare degli anni, è ancora oggi utilizzato ed è noto come Test di Turing.

Dunque, perché l’intelligenza artificiale si sta sviluppando solo adesso?

Probabilmente qualche anno fa non vi erano le condizioni ideali per portare avanti lo sviluppo di una disciplina così complessa. Oggi, grazie a dei calcolatori con capacità computazionali importanti e grazie alla conseguente capacità di analizzare enormi quantità di dati in tempi relativamente brevi, è possibile ipotizzare un risvolto pratico per quella che fino a qualche anno fa era solo un’idea.

Infatti, sebbene l’obiettivo ultimo sia ancora lontano, sono già molte le applicazioni che fanno uso dell’intelligenza artificiale. Tra le tante, un ruolo importante lo rivestono sicuramente quelle che si basano sull’image recognition. A differenza di quanto si possa pensare, non serve allontanarsi dalle app che quotidianamente usiamo sul nostro smartphone per fare qualche esempio. Una su tutte, Facebook, che usa l’image recognition già da qualche mese per riconoscere le foto in cui siamo presenti in modo da permetterci di avere un totale controllo sui contenuti che ci riguardano. In particolare, l’algoritmo è in grado di riconoscere, in meno di 5 secondi, il nostro volto tra 800 milioni di foto. Il fatto che lo faccia con una precisione del 98%, deve farci riflettere sull’effettiva realizzabilità di tali sistemi.

Generalizzando, l’image recognition può essere usato in qualunque ambito, in particolare per il rilevamento di determinati oggetti, di persone e di trend al fine di tenere sotto controllo, ad esempio, le merci di un magazzino, un passaggio pedonale o l’andamento di un titolo quotato in borsa.

Detto ciò, per rispondere alla seconda domanda, sicuramente possiamo pensare al rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale come conseguenza della versatilità, della trasversalità e dell’ecletticità che caratterizzano tale disciplina.

La conferma della sua enorme potenzialità deriva dal fatto che molti colossi dell’informatica hanno istituito una propria divisione in cui portano avanti lo sviluppo dell’I.A. Uno di questi è sicuramente Google, che al momento sembra essere l’azienda che sta investendo maggiormente in questo settore tanto da sostituire il nome della sua vecchia divisione, Google Research, con Google AI, sottolineando quanto l’intelligenza artificiale sia al centro dei suoi progetti di ricerca. Non a caso, è proprio l’azienda di Mountain View ad aver realizzato Tensorflow, una delle librerie più utilizzate e complete nel campo del machine learning.

Di conseguenza, il futuro per questo settore sembra essere roseo sotto tutti gli aspetti: la potenza dei calcolatori è destinata a crescere di anno in anno, gli investimenti non mancano e gli studi derivanti dalla ricerca stanno già dando i loro frutti.

A dirla tutta, però, non abbiamo considerato un aspetto fondamentale in tutto il nostro discorso. Pertanto, scivolando più verso un ambito filosofico che informatico (d’altronde non è un caso che in questo discorso le due materie trovino un punto d’incontro), concludo con una domanda: e se l’ostacolo più grande sulla strada che porta alla creazione di una macchina realmente cosciente, risiedesse nell’incapacità umana di comprendere appieno la propria natura? In altre parole, l’uomo, prima della macchina, è in grado di concepire cosa sia una coscienza?

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